Un libro e un metalibro insieme,                                 scritto da uno scrittore esordiente che prima di tutto è un pittore:è il libro di Massimiliano Bernardi che ispirandosi a un suo dipinto ci immerge nella storia de “Il divoratore di anime”
Già dal prologo si evince la vertiginosa ricerca che dovrà compiere il lettore per comprendere le vicende e le anime dei personaggi di questo libro, tratteggiati finemente con il pennello.
Il lettore sarà completamente avvolto in una dimensione a cavallo tra l'onirico e il reale, sprofondato nel vortice di una storia fortemente intimista, che tra l'arte e la vita ci narra di ossessioni e manie.

Michelangelo Leonardi, uomo già dal nome indissolubilmente legato all'arte, avverte dentro sé dei presagi che tendono pericolosamente a sovrapporsi con la vita quotidiana e, soprattutto,con il dipinto che ha in casa, sua ultima opera, che tutto vede e che tutto vive. Una rappresentazione dell'Apocalisse, del sacrificio di Isacco, che nel proseguire della storia diviene esso stesso elemento narrativo.
La dimensione chiusa, dal carattere settario delle ambientazioni, dei luoghi, della narrazione, conferiscono al libro un tono sommesso, quasi “sussurrato”, ove il protagonista, e insieme il lettore, compiranno un vero e proprio cammino intimo e formativo, attraverso un' omicidio che da sogno diviene realtà, verso la verità con l'aiuto e la fede dell'amicizia.
La promessa di Abramo lega in maniera vincolante Michelangelo sin dalle origini, e da qui il suo viaggio lo porterà da Gerusalemme alle sabbie del Neghev.La vera identità del pittore sarà svelata, e finalmente reale ed onirico verranno a ricongiungersi su un unico piano, ma sarà anche il momento in cui il Divoratore di Anime, l'eterna lotta tra Bene e Male, di nuovo incrocerà la vita del nostro protagonista, e non solo la sua, ma quella di tutte le anime. 
Come smascherare l'identità del Male? Come può lui, umile pittore, rendere salvifico il mondo? Ma soprattutto, da dove trova origine tutto questo?. Un thriller cupo, dai colori caldi, avvolgente nei dialoghi e nelle vicende, che descrive gli spazi come solo chi comprende il linguaggio dell'arte può fare. Dalle segrete sette agli inseguimenti polizieschi, fino allo scontro di angeli e demoni: un quadro, un libro, dominato dal colore rosso, nelle sue sfumature più dantesche.
Avvicinarsi a questa lettura è certamente un passo per poter conoscere le splendide opere del pittore romano, prima fra tutte proprio l'Apocalisse, il dipinto del libro



 

E’ stato “Il divoratore di anime” (Fermento, 2008) a farmi intervistare Massimiliano Bernardi, pittore e scrittore romano...

 

 





                                             
Simonetta De Bartolo

 

1)      Quale fascino esercitano su di te la pittura e la scrittura?

 

Come tutte le arti, la pittura e la scrittura avvicinano al divino; elevano lo spirito e la mente e        creano l’essere perfetto. Il vero moto perpetuo per l’artista che crea ed è creato nell’esercizio    dell’Arte stessa. Come spesso accade agli artisti, anch’io sono un irreparabile presuntuoso; Narciso affascinato da me stesso quando sono in preda alla trance creativa. Il prezzo che si paga è rischioso quando si torna alla normalità.

 

2)      Con quale delle due arti preferisci esprimere te stesso e con quale pensi sia più facile farti conoscere?

 

Ho scritto un romanzo, ma non mi definisco uno scrittore. Potrei diventarlo, forse; non so. La pittura la conosco meglio. Ho cominciato a dipingere ancora prima di saper leggere e scrivere. Una cosa non preclude l’altra, tanto che ho dipinto alcuni quadri alternando le immagini a aforismi scritti sulla tela. La pittura è la mia mano destra; la scrittura, la sinistra.

Farmi conoscere? Non è così importante. Sono uno che non sceglie le strade facili. Guardare i miei quadri o leggere “Il divoratore di anime” per capire.

 

3)      Quali artisti e quali autori di opere letterarie godono, in particolare, della tua stima?

 

Dei pittori amo i Maestri classici: da Leonardo a Michelangelo; da Lippi a Caravaggio. Adoro gli impressionisti come Monet o Van Ghog. Sono affascinato da Klimt e invidioso di Pollock.. E penso che un quadro ben fatto, a prescindere da chi, quando, come e perché, rimanga sempre un quadro bello da vedere.

Da bambino mia madre mi leggeva Salgari al posto delle favole. Oggi io dipingo spesso luoghi in cui non sono mai stato. E’ incredibile i viaggi che ha fatto quell’uomo senza mai spostarsi dall’Italia. Questo fa l’arte. Consiglierei, a chi ama leggere, di provare i libri delle piccole case editrici, poco pubblicizzati ma spesso molto meglio dei super sponsorizzati. Altrimenti leggetevi la Divina Commedia o la Bibbia. Meglio di cosi…

 

4)      La vis dell’immagine o della espressione scritta è, secondo te, lo strale più efficace, diretto all’animo di chi legge o osserva?

 

E’ tutto soggettivo. C’è chi è sensibile alla musica, chi alla scrittura e chi alla pittura. Per me l’ideale è leggere un buon libro, con una musica classica di sottofondo, mentre Dio si diverte a dipingere il tramonto con una Maestria irraggiungibile.

 

5)      Qual è la tua principale soddisfazione al compimento di un’opera?

 

La soddisfazione maggiore non si raggiunge al compimento, ma durante la realizzazione. E’ come per l’atto sessuale: non è importante raggiungere l’orgasmo, ma come ci si arriva. Riguardo la pittura ho scritto questo:

Cosa mi succede? Il battito accelera ed il mondo scompare.Rimane solo lei di fronte a me.

Presto, non posso più aspettare; il fuoco della passione è un demone vorace che promette tesori e ti abbandona insoddisfatto. Lei è là, bellissima , ma imperfetta.

L’estasi è passata, travolgente e ingannatrice Forse la prossima volta mi donerà la perfezione.

      Guardo una tela bianca posta in un angolo…sussurra una promessa.

      La passione si riaccende. Stavolta è lei, ne sono sicuro.

     Prendo i pennelli e mi abbandono al mio destino.”

 

6)      Sulla struttura narrativa, sempre più consistente capitolo dopo capitolo, de “Il divoratore di anime” si diramano e s’intrecciano, con originalità e intelligenza, elementi realistici, biblici e misteriosofici. Per quali hai maggior interesse?

 

      Chi non è affascinato dal mistero? La Bibbia ne è pregna. La realtà ancora di più. Il confine tra    mistero, fantasia e realtà è sottile; a volte inesistente. Io amo quel confine, pur essendo uno scettico, e vedo cose che altri non vedono. E’ una questione di sensibilità ed istinto.

      “Il divoratore di anime” racchiude più misteri di quelli che si svelano ad una prima lettura.

 

7)      Dipingere è, secondo me, quasi come far poesia. Ti è capitato, invece, di aver la sensazione di dipingere una scena mentre scrivevi? Se sì, quale?

 

      Ho detto più volte di non aver scritto un romanzo, ma di averlo dipinto. Ho sempre avuto quella sensazione, e ogni scena si è materializzata nella mia mente con dovizia di particolari. Ad esempio la descrizione della grotta e del mosaico (la copertina del libro con l’angelo e il demone l’ho fatta io); oppure la scena di Michelangelo di fronte al prescelto all’interno del cerchio di pietre; o, ancora, il quadro dell’Apocalisse dipinto dal protagonista; io l’ho realizzato veramente e non ricordo neanche più se è nato prima il libro o il quadro. Ribadisco: ho dipinto un libro. Un’ultima cosa su questo tema. Spesso, anzi, sempre, ho la sensazione di raccontare una storia mentre dipingo. Storie di persone, segreti, misteri, come quelli che abbiamo tutti noi.

 

8)      In “Il divoratore di anime”, si nota un crescendo nell’impegno stilistico. E’ avvenuto spontaneamente o è stata un’esigenza dell’intreccio, sempre più avvincente, della trama?

 

      A parte le difficoltà iniziali di coinvolgere il lettore in una trama complessa senza stancarlo, ho dovuto fare i conti con l’inesperienza. Sicuramente  il crescendo di cui parli è evidente ed è  nato spontaneamente. Come ti dicevo: l’artista crea ed è creato nell’esercizio dell’arte stessa.

 

9)      Essendo un pittore come te, sicuramente ti è stato più facile realizzare Michelangelo meglio di tutti gli altri personaggi, ma, durante il tragitto narrativo, ti sei attenuto ad una par condicio o il protagonista pittore è  stato il tuo pupillo?

 

      Come negarlo: Michelangelo sono io in molte cose. Presuntuoso, testardo, ironico, idealista e creativo. Pieno di pregi, ma anche di difetti. Un uomo solo, che solo non è ma ci si sente, soprattutto nell’affrontare se stesso. Il mio pupillo? Non proprio. Michelangelo è uno di famiglia, e per questo è più criticabile degli altri. Il mio vero pupillo è Filippo: il prete. Alto e magro. Capelli lunghi. Bello, affascinante, carismatico, sensibile e sensitivo, misterioso e ribelle. Vorrei conoscerlo meglio, visto che è un’altra parte di me. Forse quella più nascosta.

 

10)        Quali effetti hanno le immagini in copertina, e, eventualmente,  nelle illustrazioni, sulla    psiche di un lettore?

 

      Tema affascinante. Probabilmente le immagini in copertina possono determinare parte del successo o dell’insuccesso di un libro. Molto meglio un colore unico rispetto ad un’immagine sbagliata. Il rosso ed il blu su tutti. Colori che stimolano: fuoco e cielo, inferno e paradiso. Chi non ha sfogliato un libro attirato dalla copertina? L’immagine è una promessa ed un impegno. Quando è uscito il mio romanzo avevo suggerito all’editore di applicare sulla copertina l’SDV. Vuoi sapere cos’è? Un pacchettino con la risposta alla domanda di Michelangelo nella prima pagina. Il quesito che  ci poniamo tutti. Qual è il Senso Della Vita? Forse la risposta sarà nel prossimo libro.

 

11)  Qual è stato il tuo apprendistato? Perchè hai scelto un thriller per la tua prima opera letteraria?

 

      Apprendistato? Se chiudere gli occhi e viaggiare con la fantasia conta, lo faccio da sempre. Il thriller è forse il genere di libro con cui si riesce più facilmente a coinvolgere il lettore. Il problema del thriller è che il giudizio sulla bontà dell’opera deve essere necessariamente procrastinato al finale, azzeccato o meno. Troppo spesso le montagne hanno partorito i topolini. Io penso di essermela cavata abbastanza bene. 

 

12)  Il titolo che dai ad un tuo lavoro è la lanterna che ti ha fatto da guida o la scritta “traguardo”?

 

      E’ sicuramente il traguardo. La firma posta sul fronte anziché sul retro. Ed è un fatto    

 naturale. Dovrebbe essere così anche per le persone. Il nome vero, quello che ci siamo     guadagnati, dato più avanti. Un po’ come fanno i Brasiliani con i soprannomi o come si faceva in Occidente nei tempi andati. Il titolo è come il nome segreto di Dio e delle cose: ha grande potere.

 

13)  Secondo te, l’horror, il noir e il thriller distraggono o inducono a riflettere di più su certi aspetti drammatici della realtà?

 

Il libro va preso per quello che è. Uno svago, un divertimento; se siamo fortunati, un arricchimento. Per chi è portato alla riflessione da un Dan Bown qualsiasi, è buono tutto, comprese le leggende metropolitane, le scie chimiche, i coccodrilli nelle fogne, ecc. Un libro come Gomorra può farci riflettere, non certo un horror, un noir o un thriller. Leggere un libro non preclude la lettura di un quotidiano.  

 

 

14) “L’Apocalisse” dipinta da Michelangelo è, soprattutto all’inizio de “Il divoratore di anime”, al centro dell’attenzione.

            Arte figurativa e scrittura convergeranno di nuovo nel tuo prossimo lavoro?

 

       Nel prossimo romanzo si parlerà di Bosch: il grande pittore fiammingo che dipingeva scenari fantastici, creature demoniache e abominevoli. Ancora una volta pittura e mistero si fonderanno, ma sarà soltanto lo spunto per seguire le avventure di un gruppo di ragazzini che sfideranno la sorte in un viaggio verso il cospetto di Dio. Quando ci arriveranno anch’io saprò com’è, e allora…lo dipingerò.

 

 

 

 

 

 

 





















































































































 
 
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